Lavoro, mercato, famiglia. Le proposte delle ACLI. L' intervento del Vice presidente nazionale delle Acli Michele Rizzi.


“Il Lavoro Buono che fa crescere la Famiglia”
S. Giorgio a Cremano ( Na ) 14 dicembre 2007
V Seminario del Laboratorio regionale per un PATTO CAMPANO PER LA FAMIGLIA

“La famiglia: Soggetto sociale e Attore di Sviluppo Viaggio interregionale e internazionale alla ricerca della via campana per conciliare sostegno alla famiglia e sviluppo economico e sociale della comunità "

Lavoro, mercato, famiglia. Le proposte delle ACLI.
1) Premessa
Vorrei prima di tutto sottolineare che la sequenza “Lavoro-mercato-famiglia” non è né ovvia né scontata nel panorama culturale e politico di questo Paese. In altri termini, le proposte (al plurale) delle ACLI si capiscono solo a partire dalla proposta (singolare con la quale la nostra associazione si presenta, non da oggi, nel dibattito pubblico su questa tematica. Proposta “contro-corrente”, per molti versi, e per ragioni che dirò rispetto ad una mentalità diffusa che non sempre ha le idee “chiare e distinte” in merito a quest’orizzonte di impegno. In cosa consiste il cuore di questa proposta “militante”? Lo sintetizzo così: bisogna ripensare i nostri schemi di cittadinanza, bisogna sottoporre a revisione critica la cittadinanza pensata e praticata dalla modernità. Una cittadinanza a misura di INDIVIDUO, di un individuo senza legami e senza relazioni. Senza famiglia e senza reti sociali di appartenenza.
Solo: di fronte allo Stato (da una parte) di fronte al mercato (dall’altra).
Da questo schema sono direttamente scaturite conseguenze economiche, culturali e politiche che ancora oggi, nella “tarda modernità”, faticano a lasciare il campo a nuove visioni e nuove pratiche sociali, legislative, normative.
Pensiamo al welfare universalistico e assistenzialistico, pensiamo alla persistente marginalità (nei fatti) della famiglia nella scena politica, pensiamo ad un “cattivo” lavoro che no censente, soprattutto ai giovani di progettare a lungo termine e di “fare famiglia”, pensiamo ad un sistema produttivo che non comprende la centralità dell’occupazione femminile nello sviluppo del nostro Paese, pensiamo alla mancanza di una seria politica di conciliazione tra tempi di vita e tempi di lavoro che certo non favorisce non solo la presenza delle donne nel lavoro per il mercato, ma spesso le ributta fuori in coincidenza con l’arrivo dei figli. Le ACLI dicono prima di tutto NO a questa mentalità e a questa cultura politica che in estrema sintesi, definirei di individualismo radicale. E’ lo stesso oggetto polemico della Dottrina sociale della Chiesa e di questo pontificato. La stessa ultima enciclica “Spe salvi” di papa Benedetto XVI (lo dico solo per un cenno, ma significativo) va letta anche in questa chiave.
Dunque in questa sequenza lavoro-mercato-famiglia le ACLI ci stanno con questo sguardo critico, ma anche propositivo.


2) Quale lavoro, quale mercato quale famiglia
Siamo un’associazione di lavoratori laici cristiani. Il lavoro è la nostra “ratio” associativa. Un lavoro che non è più quello delle nostre origini, agricolo e poi fordista, ma che continua a rivestire per noi un’importanza centrale. E al centro del lavoro, ci sono per noi i lavoratori e le lavoratrici. Uomini e donne che ancora affidano al lavoro non solo la funzione (non secondaria!) di assicurare un livello dignitoso di vita e di benessere, ma che hanno DIRITTO ancora a cercare nel lavoro un elemento di senso, una possibilità di espressione dei propri talenti. Le ACLI hanno preso atto della fine del “lavoro per tutta la vita”, della necessità di attrezzare i lavoratori e le lavoratrici a cambiare più di un lavoro nel corso della propria vita. “Attrezzare” prima di tutto attraverso una formazione continua. I diritti FORMATIVI individuali (proprio di recente se ne è parlato in un seminario a cui ha partecipato il Sen. Bobba, autore di un disegno di legge in merito) vanno affermati e RICONOSCIUTI precisamente in questa direzione. Mettendo insieme società della conoscenza e flessibilità o meglio frammentazione dei percorsi lavorativi, si capisce come la formazione del singolo lavoratore per tutto l’arco della vita sia un elemento essenziale del “Welfare zainetto” (come l’abbiamo chiamato), quel sistema di tutela che accompagna e realmente promuove i diritti sociali. A partire dal diritto ad un lavoro BUONO, come dice il titolo del nostro seminario.
La proposta aclista di una flessibilità SOSTENIBILE, di una flessibilità cioè che non porti subdolamente alla precarizzazione dei percorsi di lavoro e dei progetti di vita nasce da questa collocazione precisa della nostra Associazione: non si vuole esorcizzare il grande cambiamento che attraversa il mercato del lavoro, sotto la doppia spinta della competizione globale e della rivoluzione tecnologica, ma non vogliamo neppure abbandonare agli automatismi del mercato senza correttivi e senza protezione la sorte di milioni di lavoratori e lavoratrici.
Per questo “quale lavoro” e “quale mercato” li vediamo con più chiarezza solo rimettendo al centro la famiglia.
La precarietà del lavoro, contro la quale si è pronunciato più volte lo stesso pontefice non è per noi semplicemente la violazione di un diritto INDIVIDUALE. Ha a che fare con la difficoltà del nostro tempo, della nostra società a promuovere i LEGAMI LUNGHI. Anzi: a considerarli quasi un “impaccio”, un ostacolo alle possibilità individuali di avere più vite, a inventarsi magari più identità. In un gioco rischioso ma anche esaltante, senza vincoli e senza limiti. Ecco allora in che modo la nostra battaglia per un lavoro buono, per una flessibilità che non impedisca una fiduciosa progettazione di vita, soprattutto, ma non solo per le giovani generazione, è tutt’uno con il nostro impegno per la famiglia.

La famiglia come la configura il dettato costituzionale, nucleo di solidarietà primarie, a partire dall’alleanza tra uomo e donna, aperta alla generatività e dunque al futuro. La famiglia come ISTITUZIONE, anche, che supera perciò il dominio privato delle relazioni personali per aprirsi allo spazio PUBBLICO, quello delle responsabilità e dell’etos condiviso. La famiglia “popolare” (così la chiamavano le ACLI già alcuni decenni fa) che traduco così: quella che incontriamo nella quotidianità della nostra vita associativa, nei nostri Servizi, nella nostra azione sociale. La famiglia che è in affanno perché risente del clima generale di insicurezza, di precarietà, di un mondo globale che spinge piuttosto ogni individuo a difendersi e a “contare solo su se stesso”, ma che nel nostro Paese ancora “tiene” e rappresenta un punto di riferimento e un ammortizzatore sociale. Questa famiglia non va lasciata sola. Per questo chiediamo, ancora una volta, politiche famigliari integrate, misure fiscali (v. quoziente familiare) adeguate, un welfare formato famiglia.
In conclusione: la coesione della società è per noi l’obiettivo di fondo. Le spinte centrifughe, la deriva individualistica che è l’altra faccia del mercato e della società globale, sono per noi il nemico da battere. Vogliamo dire su questo parole chiare, parole di speranza. Lavoro, mercato, famiglia: vanno rimesse in circolo VIRTUOSO, attraverso una politica e una cultura capaci di rimettere in moto il nostro Paese, con i suoi talenti, le sue risorse umane, la sua creatività sociale. Come ACLI ci sentiamo parte in causa e vogliamo fare la nostra parte

Commenti

Anonimo ha detto…
necessita di verificare:)

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